Rassegna stampa: L’Arena 30 aprile 2015

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RAMAGLI NAPOLI PALAOLIMPIA

Carica Ramagli: «Tezenis, ci sei. Ecco la strada»

L’anno buono, la squadra giusta, l’allenatore perfetto. Alessandro Ramagli è già riuscito nell’impresa di conquistare il passaggio dalla LegaDue alla A quando era capo tecnico di Pesaro.
Storia di otto anni fa. Il tecnico livornese arrivò in corsa a sostituire Marco Calvani e portò la squadra alla conquista del quinto posto al termine della stagione regolare. Piazzamento utile per coltivare il sogno e tenere viva la speranza. Nell’ultima giornata di questo campionato a Torino, proprio Ramagli aveva ripescato la ‘parabola’ di Pesaro.
Un racconto tra il mistico e lo spirituale che per il tecnico rappresenta utile cartina da utilizzare nella ricerca del suo nuovo Eldorado.
FRUTTI MATURI. La Verona di Ramagli sembra essere finalmente matura e pronta per il grande salto. E non si tratta solo di guardare la classifica. La Tezenis ha dominato in lungo e in largo il campionato forte anche di scelte di mercato azzeccate e della spinta di una società diventata ormai ‘maggiorenne’ sul campo. Adulta quanto basta per essere consapevole, decisa, coerente, smaliziata e pronta per riconsegnare a Verona la serie A che manca da ormai troppo tempo in città. Il gruppo è maturo, la squadra è matura. E partire dal primo posto nella griglia playoff non rappresenta di certo un handicap legato ad eventuali ansie da prestazioni o pressioni generate da troppe aspettative. Anche Ramagli, in questo triennio, ha avuto modo di consegnare tutto se stesso a Verona. La squadra è immagine dell’allenatore. Non piglia botte, difende bene, riparte elegante, sferra colpi mortali e mette al tappeto chiunque.
LA PARABOLA. Non esistono analogie tra la sua Pesaro e la Verona di adesso. Ramagli, però, ha conservato lo spirito del monaco tibetano. Ore e ore di meditazione aiutano a sprigionare suoni impercettibili ma potenti. Con la sua squadra marchigiana fu autentico capolavoro. Con la Tezenis è stata marcia trionfale fin qui. Cambiano i nomi, pure i tempi, di sicuro le società e anche il modo di fare pallacanestro. Ma il racconto di quella favolosa impresa sportiva fa pensare che oggi più che mai Ramagli rappresenta il valore aggiunto. Non poteva esserlo il primo anno, con una squadra troppo acerba. La passata stagione la Scaligera arrivò sfiancata alla semifinale contro Capo d’Orlando. Quasi pronta al grande salto. Ma non ancora grande squadra. Ora c’è tutto. Ed è giusto che il racconto di Ramagli trovi spazio nei pensieri di tutti quelli che stanno aspettando l’inizio dei playoff. Verona entrerà in scena sabato prossimo alle 20,30 al PalaOlimpia per gara-1 dei quarti di finale.
L’IMPRESA. “Chiudemmo quinti quell’anno” racconta così Ramagli la fine del campionato di Legadue 2006-2007 alla guida di Pesaro. “Non sapevamo più vincere. Dovevamo ritrovare il piacere di giocare il nostro basket e di lasciarci andare liberi sul campo”. Pesaro nelle ultime sei gare della stagione incassa quattro sconfitte e parte in griglia dal quinto posto. Qui il racconto di Ramagli si fa blues: “Cercavamo la scintilla, sapevamo che non c’era niente da perdere. Dovevamo però ritrovare il nostro modo di fare basket. Perdere non aiuta. Ma se alleni la mente a vincere, tutto può essere più facile. Ci confrontammo a lungo e capimmo che eravamo squadra, che potevamo tornare ad essere squadra”. Pesaro si trasforma e mette le ali. “Nei quarti affrontiamo Ferrara che si era classificata sesta appena dietro di noi e chiudiamo la serie 3-0”. Il capolavoro arriva subito dopo. Per Ramagli e Pesaro c’è il derby contro Rimini, grande favorita della serie finale e seconda in classifica al termine della regular season. “Ma il nostro treno” continua il coach di Verona “era ormai partito, in movimento. Ci sentivamo inarrestabili, più forti che mai, sicuri di noi stessi. Vincemmo anche lì 3-0, senza lasciare nulla ai nostri avversari. E la storia si è ripetuta in finale quando superammo Pavia 3-1. Questo per dire: puoi essere squadra dopo due allenamenti, e puoi non diventarlo mai, neanche dopo un anno passato insieme. Tezenis è squadra. Lo ha dimostrato fino all’ultima gara di Torino. Adesso deve prendersi quello che desidera da tanto tempo”.

Simone Antolini