Rassegna stampa: Corriere di Verona 11 marzo 2015

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DALLA VECCHIA

Dalla Vecchia, da Belgrado a Rimini: «Scaligera, gioia attesa da 17 anni»

«In confronto al Pionir di Belgrado, la Fiera di Rimini era un resort…». A Belgrado correva il ’98, la coppa si chiamava Korac e un’ora dopo la sirena finale (60 minuti rintanati nello spogliatoio, oh yes) la sollevava un vicentino di Sandrigo adottato da Verona, classe ’64, all’anagrafe Roby Dalla Vecchia. «Cornice surreale. Intorno c’erano i compagni e qualche cronista. Lassù, nel proprio settore, la cinquantina di tifosi arrivati da Verona, bloccati lì per proteggerli dagli 8mila indiavolati della Stella Rossa che aspettavano fuori…». A Rimini, lo scorso weekend, l’onore toccava a Giorgio Boscagin, classe ’83, ala piccola dal cuore grande e nessun oggetto contundente a interromperne l’emozione. «Sono felice per lui, per la squadra, per Verona che riscopre una gioia attesa 17 anni. La Coppa Italia di A2 non sarà la Korac, ma è sempre un titolo nello zainetto e un carburante per riportare la Scaligera Basket ai vertici». Domanda da mille e una notte: è la volta buona? Dalla Vecchia, habitué del PalaOlimpia, cala saggezza dall’alto dei suoi 206 cm più 16 campionati in gialloblù. «La Coppa è un primo traguardo, il secondo saranno quel terno al lotto dei playoff. Se la Tezenis li gioca tranquilla, come sa, imponendo il ritmo, non avrà problemi. Ma niente carri davanti ai buoi». Da capitano a capitano, la Verona a spicchi incolla oggi la figurina di Boscagin vicino a quella di Dalla Vecchia. «Giorgio è un capitano serio, che lotta e sposta gli equilibri. Non è facile essere profeta in patria. I natali a Verona fanno di lui il collante squadra-pubblico nonché un punto di riferimen- to per i bimbi della città, che vedono il ragazzo del campetto accanto capace di farcela e quindi sognano». La Scaligera di oggi, capolista in A2, è un sogno da coltivare. «Come nel ’98, la forza sta nello spogliatoio. Puoi avere i top player, ma se non legano è un casino. Per dire: io, capitano, feci danni su tutte le crape della squadra, inventavo tagli assurdi poi li facevo girare per il ritiro di Ortisei con quei capelli da spiantati, il tutto a scatenare l’ira del coach, che certi look non li sopportava». Era un altro basket. «Meno fisico e veloce, più tranquillo e ragionato. Ruoli ben definiti. Nella Verona di oggi trovi uno come Ndoja, ala grande che palleggia, penetra, scarica e bombarda dall’arco. Ecco, la Tezenis di Ramagli è un esempio di buona e attuale pallacanestro. Perché appena gioca di squadra, governata da De Nicolao, e schiaccia l’acceleratore, imponendo la cadenza, beh, tu non la prendi più».

Matteo Sorio